XII° Trek Memorial Gigi Ariu: Acquaresi, Cala Domestica (maggio 2025)

Questa mattina, 1 maggio, ci ritroviamo alle 9:00 in sede per la dodicesima edizione del trekking Memorial Gigi Ariu. Quest’anno il trek partirà dal villaggio minerario di Acquaresi e si concluderà sulla splendida spiaggia di Cala Domestica. Non trattandosi di un percorso ad anello, potrebbe sorgere il problema del recupero delle auto. Per questo motivo, decidiamo che gli amici alla guida delle macchine (me compreso), accompagnino il gruppo fino ad Acquaresi, fino allo slargo asfaltato che precede il villaggio. Poi, solo noi autisti ci dirigeremo a Cala Domestica, dove lasceremo le auto e, utilizzandone solo una, torneremo rapidamente ad Acquaresi per cominciare il trekking insieme ai nostri compagni. Il clima è gradevole, perfetto per mettersi in cammino. Mentre risaliamo una vecchia via sterrata, la nostra attenzione è catturata dalle tante casette sparse tra il verde che lentamente sta riconquistando il suo spazio. Un tempo erano abitazioni, segni di un passato che cerca ancora di resistere.
Francesco B. tenta di raccontarci qualcosa sull’origine della miniera e del villaggio, ma l’atmosfera spensierata del gruppo rende difficile affrontare discorsi che richiedano attenzione. Del resto, come è giusto che sia, ci stiamo godendo la luce, l'aria, il sole e preferiamo chiacchiere leggere e giocose. Eppure, se anche tu percorrerai questo sentiero, riaffioreranno ricordi tramandati dai minatori e dalle loro famiglie. Per questo non posso esimermi dal raccontare, anche solo brevemente, la storia di questo villaggio.
Acquaresi nacque nel 1881, anche se è probabile che il territorio fosse già conosciuto in precedenza per i suoi giacimenti minerari di piombo e zinco. Nel pieno dell'attività mineraria arrivò a contare un migliaio di abitanti. Il minerale, una volta trattato nella laveria del villaggio, veniva caricato su una ferrovia elettrica che lo trasportava fino al porto di Cala Domestica, situato nella spiaggetta 'La Caletta', raggiungibile attraverso un tunnel artificiale, per poi essere imbarcato e spedito a Carloforte. Col passare degli anni, il villaggio iniziò lentamente a spopolarsi, fino ad essere completamente abbandonato intorno al 1960.
L’attività estrattiva continuò ancora per qualche decennio, protraendosi fino agli anni ’90. Tuttavia, nel 1991, a causa della coltivazione intensiva del sottosuolo senza un adeguato riempimento dei vuoti creati durante i lavori di scavo, cominciarono a verificarsi gravi fenomeni franosi. I crolli furono così estesi da costringere alla chiusura, per diversi mesi, della strada provinciale che collega Nebida a Buggerru. Gli ultimi episodi documentati risalgono al 2015. Alcuni crolli, ancora oggi, son ben visibili dalla strada.
Proseguiamo in salita fino a raggiungere un sentiero pianeggiante ed arriviamo alla chiesetta di Sant'Antonio. Entriamo nel piccolo salone, rischiarato unicamente dalla luce che penetra dal portone d’ingresso e dal rosone collocato poco più in alto. L’ambiente è in evidente stato di decadimento. La muratura, realizzata in pietra e terra, conserva ancora qualche area intonacata.
L’altare, posto sulla parete frontale, è costituito da una semplice mensola in marmo. All'epoca, non era necessario disporlo verso i fedeli, poiché durante le celebrazioni il sacerdote, per rispetto, non volgeva mai le spalle al crocifisso. Al di sopra dell'altare, incassata nel muro, si apre una grande nicchia, dove un tempo probabilmente c'era un grande crocifisso, oppure poteva ospitare la statua del santo di Padova.
Accanto alla chiesa si trova una struttura a due piani, semidiroccata e chiusa da un pannello in lamiera. Il sentiero costeggia l’edificio e conduce a una lapide commemorativa ai caduti, datata 04/11/1925. Di fronte al monumento s'intravedono i resti di una piazzetta, un tempo contornata da palme, ormai del tutto spoglie delle loro fronde. Nel villaggio sono ancora visibili i resti degli edifici che un tempo ospitavano la direzione della miniera, un piccolo ospedale (che comprendeva anche un'aula pluriclasse), e uno spaccio alimentare. Tuttavia, la visita di questi locali non fa parte del nostro percorso odierno.
Pertanto, lasciamo il villaggio e, passando a valle di Monte Circus, ci incamminiamo lungo un sentiero in direzione sud-est, verso Monte San Giorgio, godendo di suggestive vedute dall'alto sull'area mineraria sottostante. Dopo circa 1,7 km di cammino e 130 metri di dislivello positivo, raggiungiamo un tratto pianeggiante circondato da bassa vegetazione che ci offre una pausa naturale per riprendere fiato. Da questo punto il sentiero comincia a scendere in lieve pendenza, fino ad incrociare una strada sterrata più larga. La imbocchiamo svoltando a sinistra, entrando nell’area di Su Narboni e continuando il percorso verso Grugua. La vegetazione si fa sempre più fitta e rigogliosa, creando tratti ombrosi che accompagnano il cammino. Si narra che proprio da queste parti passasse una delle antiche strade che collegava Sulci (oggi Sant’Antioco), a Metalla (importante centro minerario della Roma Imperiale, ove si estraevano metalli preziosi come piombo e argento). Chissà, magari stiamo davvero camminando su quel vecchio tracciato.
Giunti a Grugua, risaliamo un breve tratto di strada che costeggia il borgo Modigliani, dove visse con la famiglia il pittore Amedeo, diventato celebre per i suoi sensuali nudi femminili e le figure dai colli allungati. In quel periodo, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, la famiglia Modigliani si dedicò a un’attività di disboscamento particolarmente intensiva dei lecceti, destinando il legname sia alla vendita che alla produzione di carbone vegetale.
Al nostro arrivo assistiamo anche alla fugace apparizione di alcuni cinghiali con i loro cuccioli che, non appena ci notano, si dileguano rapidamente, radunandosi presso un abbeveratoio.
Vicino ad alcuni ruderi, dove si legge a grandi lettere la scritta "Grugua", ci imbattiamo in un campo di cardi mariani. Con un coltellino Francesco B. pulisce alcuni carciofini selvatici e li fa assaggiare, su richiesta, ai compagni.
Riprendiamo il nostro cammino, percorrendo un breve tratto a ritroso, per poi entrare in un suggestivo canyon solcato dal rio Gutturu Cardaxius. Il sentiero si restringe notevolmente, obbligandoci a camminare in fila indiana. Oltrepassata la cava di marmo, dopo 400 metri giungiamo alla miniera di San Luigi.
La gola si snoda tra tornanti suggestivi, incastonata in un paesaggio selvaggio e affascinante, dove spettacolari falesie si ergono maestose, rivelando un vero paradiso per gli appassionati di free climbing che qui possono misurarsi con la roccia, immersi in un contesto in cui silenzio e singolari altezze creano un'atmosfera senza tempo.
Stiamo sempre costeggiando le sponde del rio Gutturu Cardaxius che, nonostante sia un torrente a carattere stagionale, durante i periodi di forti piogge raccoglie le acque provenienti da queste montagne, trasformando l’accesso alla gola in un percorso pericoloso e talvolta impraticabile. Nel maggio del 2018, la forza dell’acqua scatenata da un violento nubifragio è stata così intensa da piegare e trascinar via i margini di contenimento realizzati con gabbioni in metallo riempiti di pietre. Da allora, lo sterrato che un tempo era percorribile anche in auto non esiste più.
Volgendo lo sguardo verso i monti ricoperti di boschi, su una delle vette spicca un costone roccioso con un foro dalla forma simile a un cuoricino. Un dettaglio curioso e suggestivo, che non sfugge ai compagni più sensibili.
Dopo 14 km. dall'inizio del trekking, raggiungiamo la Statale 83 che collega Nebida a Buggerru. La attraversiamo per imboccare un sentiero che, tra due chilometri, ci condurrà alla spiaggia di Cala Domestica. Anche questo tratto consente di camminare in fila indiana. La vegetazione è quella tipica della macchia mediterranea e il terreno comincia a diventare sabbioso.
Finalmente intravediamo Cala Domestica. Una volta raggiunte le auto al parcheggio, ci cambiamo rapidamente, prendiamo l’asciugamano e poi, tutti in spiaggia per concludere in bellezza questa splendida giornata.